giovedì 26 settembre 2013
Riflessi di luce
Riflessi di luce (interno della sala dell'organo di palazzo Guell a Barcellona)
Olio su cartone
cm 60 x 72
2013
sabato 14 settembre 2013
giovedì 12 settembre 2013
Chi sono
Sono Fulvio Bonetti,
sono nato nel 1957 e dipingo ormai da più di trent’anni. Non sono un pittore
professionista, ma nell’arco di questi anni ho potuto fare diverse esperienze
artistiche ed ora vorrei mostrarle ad un
pubblico più vasto di quello che mi ha seguito fino ad oggi, e credo che
la rete sia una valida opportunità.
Qui di seguito
presenterò, oltre le foto dei miei quadri divisi per periodi di
esecuzione, anche degli scritti che
hanno caratterizzato negli anni il mio percorso artistico, sperando di far
capire meglio chi sono e soprattutto cosa cerco di raccontare.
Grazie a tutti coloro
che avranno la pazienza e la curiosità di leggere queste pagine, e soprattutto
se avete consigli, critiche, commenti sia positivi che negativi da fare,
scrivete pure, ne sarò soddisfatto.
IL PERIODO DI BURANO (
Gli anni 80)
In questo periodo ho
studiato a Venezia, dove ho iniziato anche ad esporre e soprattutto sono stato
particolarmente colpito dalla città e in special modo dall’Isola di Burano e a
tutta la storia a cui legata.
Ecco qui alcune
citazioni e un mio commento finale.
Venezia, 1849
Venezia
… giace ancora dinnanzi ai nostri sguardi nel periodo finale della decadenza:
un fantasma, così debole, così immobile, così spoglio di tutto, tranne la
propria grazia, che quando ne osserviamo il languido riflesso sulla laguna, ci
chiediamo quasi fosse un miraggio quale
sia la città, quale l’ombra. Vorrei tentar di tracciare le linee di questa
immagine prima che vada perduta per sempre, e di raccogliere, per quanto mi sia
possibile, il monito che proviene da ognuna delle onde che battono inesorabili,
simili ai rintocchi delle campane a morto, contro “le pietre di Venezia”.
John Ruskin
Da “Le pietre di
Venezia”
,
Venezia,
8/10/1786
(…)
Percorrendo le lagune in pieno sfolgorio
di sole ed osservando ai fianchi delle Gondole i gondolieri nelle loro agili
movenze e nei loro costumi variopinti scivolar via curvi sul remo, mentre le loro
figure si profilavano sopra lo specchio verde chiaro dell’acqua, nello sfondo
azzurro cupo dell’aria, ho ammirato il migliore e il più fresco quadro della
scuola veneziana. La luce del sole dava un risalto affascinante ai colori
locali e le ombre spiccavano così nette, che a loro volta avrebbero potuto
servire, in certo modo di luci.
Lo
stesso si può dire dei riflessi verdi dell’acqua marina. Tutto era chiaro
dipinto su fondo chiaro. (…)
J.W. Goethe da “Viaggio in Italia”
Venezia,1913
Giornate D’oro. Alla sera per consultarci e consolarci in privato si
salpava con dei sandoli verso Burano Beata e sotto una pergola amica, nel
crepuscolo incantato, tra i pescatori che sapevano ancora a memoria le ottave
del Tasso e se le spalleggiavano a gran voce, lubrificandole a gran voce,
lubrificandole a furia di doppi litri potenti come torri, finivamo di demolire
del tutto l’arte decrepita, la critica orba, la ciurma dei bottegai e dei
borghesi senza testa e senza cuore….”
Nino Barbantini
Direttore
di Ca’ Pesaro (1913)
Venezia, marzo 1987
Probabilmente molti di quanti si
sono soffermati davanti ad uno dei miei quadri si sono domandati il perché …,
perché Venezia, perché proprio l’Isola di Burano, perché questi colori e queste
ombre così violente. Per far capire meglio, a tutti, questi perché ho ritenuto
opportuno riproporre tre brani che mi sembrano particolarmente significativi e
che, anche se scritti da tre autori diversi, in circostanze ed in epoche molto
diverse, riescono in parte a sintetizzare cosa vado cercando.
Certamente il critico
d’arte John Ruskin mi ha entusiasmato ancora prima di conoscere Venezia,
quando, diversi anni fa, mi è capitato
tra le mani il suo libro “Le pietre di
Venezia” che ho letto tutto d’un fiato. Il giorno dopo ero lì, a Venezia, per
conoscere “Lei “ e tutta la laguna con le sue isole.
Il secondo brano L’ho letto quasi per caso, in
un opuscolo, a teatro, quando ormai da alcuni anni
studiavo a Venezia e già dipingevo le calli, le case, le barche. Leggendolo ho
capito perché mi piacevano tanto quegli aspetti della laguna, e quella sera mi
sono reso conto che non sarei mai stato in grado di raccontarli con la penna ma
con il pennello forse si.
Il terzo brano è una
storia più lunga e magari ancora più “sentita”. Stavo seguendo un corso,
all’Università di Venezia, di storia dell’ arte condotto dal Prof. Guido
Perocco. In quel periodo studiavamo proprio la nascita della pittura moderna a
Venezia, la nascita della Biennale e della galleria di Ca’ Pesaro ai primi anni
del ‘900.
E’ in questo periodo
che si forma la scuola di Burano formata da pittori, poi, diventati famosi come Rossi, Martini,
Semeghini, Moggioli, Valeri ecc… Il leggere le lettere di questi artisti, le
storie che nascevano fra di loro, i contrasti, le loro ansie e le loro vittorie
e il capire meglio cosa provavano per questa “Burano beata” è stato
incredibilmente forte su di me. Questo che ho proposto è un racconto del 1913
di Barbantini, direttore di Ca’ Pesaro, e mi sembra che non occorrano parole
per far capire qual’ era lo spirito che animava questo gruppo, per me diventato
un ideale, ormai impossibile da realizzare visto che sono cambiati i tempi e i
modi di vedere le cose, ma pur sempre un incentivo per continuare dopo tanti
decenni a raccontare Burano, le sue case , la sua storia.
Questo è quello che
scrivevo nel 1987, per presentarmi al pubblico in occasione di una mostra
personale allestita a Cormons (UD)
nell’aprile/maggio dello stesso anno. Poco tempo dopo quella mostra la mia
“avventura” a Venezia finisce, bisogna cominciare …a fare i seri…. Pensare al futuro… e Burano un po’ alla volta
si allontana e così anche le mostre e
tutto il contorno…, continuo a dipingere quando ho tempo e Burano e Venezia
restano sempre dentro. Mi riprometto di
riprendere a dipinge Burano, ma sento che devo percorrere anche altre
strade. Negli anni ci provo ,e sono anni di ricerche, di cose discrete e di
insuccessi…,ma ci provo…sempre…anche se appoggiato da pochi, o forse da
nessuno, però so che devo continuare…magari di notte…e così sono arrivato al
2013.
A questo punto dovrei
presentare un elenco delle varie mostre personali ,collettive, ex tempore ed eventuali riconoscimenti, ma non mi sembra
il caso, anche perché non ho mai creduto molto a tutto questo. Preferisco
riportare quello che hanno scritto su di me, in occasioni particolari, dei
critici, dei semplici amanti dell’ arte, dei pittori, qualche giornalista, e,
perché no, qualche amico che magari mi conosce meglio, ed anche qualcuno che, purtroppo, non c’è più.
La prospettica sublimazione
del colore.
Ormai
sappiamo tutti com’ è sorta Venezia, si può dire dall’acqua. Dalle prime case
costruite con materiali di seconda mano, con gli anni si arriva a un’ edilizia
di bellezza impareggiabile nella sua fattura, ma ormai inerme per la sua
struttura che, nelle fondamenta, trova il più grave stato di decadenza.
I
veneziani, con secolare fatica, sono riusciti a renderla grande nella storia e
incomparabile nell’amministrazione e nel commercio, ma sono stati disattenti al
degrado che ha continuato ad incombere
su di essa portandola via via ad uno stato di abbandono. I problemi che ora si
pongono sono molteplici sia per le isole periferiche che per quelle centrali.
Cosa
rimane allora di veramente immutato in lei? La spontaneità della sua gente, le
sue voci , i suoi colori, i fantasmi del passato, i suoi tesori, il fascino
delle sue rinnovate albe che si riflettono sulla laguna, l’odore di salsedine
che entra in noi in una pace che ha qualcosa di eterno e che fonde in se
passato e presente.
Fulvio
Bonetti assimila tali investigazioni, scappa da un mediocre e annebbiata realtà
urbana e si rifugia in queste isole, tra le quali Burano gli è particolarmente
cara. Egli punta alla ricerca oggettiva di vivacità di luci, colori, suoni,
contrasto di ombre, linee e riflessi che gli danno la forza e l’espressività
congeniali per rappresentare le case, in una personale prospettica sublimazione
del colore.
Sono
le calli, le case, le barche di un’isola come Burano a colpire l’artista per i
loro colori violenti. Egli riesce a trasmettere nelle sue tele luci – ombre,
l’alternarsi delle linee invisibili, verso punti di fuga all’infinito e a
frenare la sola realtà la sola realtà che gli è data da quei panni stesi: “ –
de ongo ae corde che e corde sue carucoe
soto ae finestre dee case –“ .
La
tematica di Bonetti sfocia quasi sempre nell’architettura; le case
rappresentate in tutta la loro poesia e con tutta la forza che egli riesce a
imprimere sono “le sue case”. All’architettura spaziale s’aggiunge un tono di
colore che tende sempre più a tagliare, nella sua pienezza, luci ed ombre quasi
volesse nutrirsene per abbeverarsi poi nella laguna.
Per
Bonetti dunque la maturità del suo messaggio è data con grande voglia di
rivelare tutta la realtà rifacendosi ai luoghi dove è solito” camminare”:
momenti particolari in cui egli riesce ad essere se stesso e ad osservare, con
occhi meravigliati, il mondo che lo circonda in un riverbero che fluisce nel
nostro” guardare” e spera che ci possa essere sempre in noi, un piccolo
frammento di isola.
Michele
Recluta
Aprile
1987
L’isola
di Burano con le sue case dalle tinte intense e solari hanno ispirato la vena
pittorica del giovane F.B.
Attento
nel particolare e preciso nel disegno, egli interpreta i molteplici volti della
luminosa Burano con una sensibilità che sfugge all’ovvietà pittoresca delle
inquadrature e valorizza la dimensione spaziale secondo ritmi attuali.
Esplorando il gioco cromatico di luci ed ombre sugli intonaci delle silenziose
calli, l’artista crea una trama strutturata ben equilibrata e visivamente
gradevole.
M.C.
Vilardo
Da “il Piccolo” 1/5/1984
Giovane
Artista che si delinea ormai con chiarezza nel novero dei pittori locali per la
forza innovativa del suo colore, tipicamente tratto dalla” sorgente veneta”,
offrendo opere dal taglio vivace e vigoroso.
A.
Visintini
Da” Catalogo del mini quadro”, 1985
Scorci
di paesaggi trattati con ottima intuizione con una tecnica mista che dimostra
una attenzione ed una applicazione notevole.
La
vivacità dei colori ben si amalgama con il soggetto rappresentato creando opere
d’una luminosità e d’una vivacità di gioiosa bellezza.
A.
Folin
Da “Catalogo del mini quadro 1983”
La
luce, l’ombra, il colore, la prospettiva sono gli aspetti che più attraggono
l’attenzione di questo giovane artista che con buona tecnica ce li propone nei
suoi scorci di calli e nelle sue case.
Sono
paesaggi di Burano, l’isola che lo ha colpito per i colori violenti delle sue
case, l’azzurro terso del suo cielo e la sua luce intensa, alla quale si
contrappone un’ombra altrettanto intensa e scura.
Il
risultato, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, da vita a dei
paesaggi vivi, allegri e allo stesso tempo ben equilibrati e piacevoli a
vedersi.
La
sua capacità di sintesi nel disegno e nel colore gli permetterà certamente in
futuro altre esperienze ugualmente valide.
M. Plocher (1984)
Con
la rottura delle linee e del colore effettuata mediante una indovinata e
particolare lavorazione artigianale del supporto, l’artista ha saputo donare
alle sue opere una nuova atmosfera, più ovattata, silenziosa e sonnolenta,
tipica dei pomeriggi estivi caldi ed afosi, quando i contorni sembrano
sciogliersi per fondersi nell’aria umida e pesante.
Anche
con questa nuova maniera di esprimersi l’artista dimostra una notevole
sensibilità per tutto ciò che riguarda l’ambiente che lo circonda e per i vari
aspetti della natura e soprattutto riesce a coinvolgere emotivamente chi si
sofferma ad osservare le sue opere.
M. Plocher (1986)
Ispirandosi
alla matrice pittorica veneta, ferma la sua attenzione sulle possibilità
compositive di prospettiva, colore, luce ed ombra in un accostamento dalla
sicurezza tecnica e dalla suggestione poetica che le silenziose calli e le
vivaci cromie delle case di Burano alimentano.
M.C. Vilardo
da “il Piccolo 29/9/1986
Le
sue architetture si stagliano sicure contro il cielo, come se tutta l’intimità
racchiusa volesse raggiungere mete all’infinito.
P.ssa Poli Dolores
Una
mano educata, con padronanza di esecuzione; pittura pulita ,equilibrata e
poetica. Con la perseveranza uscirà senz’altro dal grande mucchio. Giudizio di
un collega anziano:
Rambuschi
Si
esprime come pittore in stile architettonico, per non dire ingegneristico. Ma,
pur nell’aridità della sua pittura riesce a commuovere e ad innescare
sentimenti.
Paolo
Zaccai
La
struttura rigorosa, e dolce allo stesso tempo, i toni caldi degli impasti,
fanno molto meditare. Quasi sdraiato Bonetti scopre le sue prospettive fino ad
innalzare l’isola di Burano all’infinito. Una finestra, una gronda, una poesia.
Vanni Berton
Un
intrigante gioco di colori. Il pittore presenta 12 quadri della sua collezione,
8 di piccole dimensioni e 4 grandi: La mescolanza e la sovrapposizione vivi
sono l’unico elemento in comune, perché la scelta di realizzare quadri astratti
permette poi ad ognuno di riconoscere ciò che la fantasia suggerisce. Ed è
proprio questo che ha spinto Fulvio Bonetti a passare dalla tecnica figurativa
a quella astratta: la libertà di dare forma alle emozioni e l’autonomia
dell’interpretazione. Tutti i quadri hanno una cornice legata ai colori del
dipinto: a volte c’è continuità, altre un contrasto netto per far risaltare le
tinte utilizzate. L’artista usa supporti diversi, dal foglio di carta alla
faesite gessata, e materiali, come spaghi e cartoncini che regalano una terza
dimensione al dipinto. I colori usati sono smalti e lacche, miscelati fra loro
per ottenere sfumature sempre nuove e differenti. Si nota che nei quadri c’è
uno studio accurato sui colori, sulla profondità e sui piani visivi, infatti,
soprattutto in alcuni dei dipinti esposti, l’occhio di chi guarda viene
condotto attraverso una serie di filtri fino ad arrivare allo sfondo del
quadro.
Rossella de Candia
“Il
Piccolo”, 6/11/2009
….
Nel negozio- atelier sono esposte una ventina di opere che rappresentano il
percorso artistico di Bonetti, dai primi quadri risalenti agli anni ’80
raffiguranti le linee architettoniche di Burano, fino ai lavori più recenti,
realizzati con un originale e sapiente uso di materiali diversi, come il gesso,
la calce, e gli smalti.
Osservando
i quadri è possibile notare come i colori siano una costante della propria
ricerca artistica che l’ha portato dall’architettura spaziale di matrice
figurativa del primo periodo fino alle forme più astratte ed informali ispirate
al pittore statunitense Jackson Pollock.
L’artista
monfalconese concentra la sua attenzione sulla mescolanza e la sovrapposizione
di tonalità vive ed intense e le sue opere, realizzate su supporti diversi,
sono caratterizzate da un’abile rappresentazione delle prospettive e delle
profondità.
da
“il Piccolo” del 30 Giugno 2013
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