Mi capita sempre più
spesso, quando, alla sera, chiudo gli occhi per cercare di addormentarmi, di
vedere davanti a me, una lavagna nera, ma di un nero profondo che vien voglia
di gettarsi dentro. Quasi subito però inizio a distinguere delle figure, delle
macchie di colori accesi, che prendono velocemente la forma di una realtà a me
già nota.
Sono luoghi visti e
vissuti in un tempo andato, ma che diventano improvvisamente presente. La
memoria diventa immagine, immagine che diventa presente e che mi catapulta, ora
adulto, nel passato.
Rivedo la casa di
campagna dove mio nonno mi portava con la sua seicento blu a trovare il suo amico Piero. Vedo le navi
del porto e i rimorchiatori che mi piacevano tanto, dove andavo con l’altro
nonno, a piedi, perché la patente, lui, non c’è l’aveva.
Vedo le barche dei pescatori e le case
colorate della riviera ligure, sento l’odore del mare, ma vedo, e sento anche
la puzza delle stalle di montagna, con le mucche che muggiscono, appena
ritornate dal pascolo piene di latte, per far capire che vogliono essere munte
perché gli fanno male le mammelle. Questo era quello che mi raccontava la Pia,
quando correvo in stalla a vedere la mungitura e accarezzare il nuovo
vitellino. E rivedo ancora il vecchio mulino abbandonato, dove si andava a
giocare con il terrore di essere visti.
Rivedo le calli di
Burano con i suoi colori, e mi ricordo dei pescatori che tornavano dalla
nottata di pesca quando il sole era già alto. Accendevano sulla” fondamenta” la
griglia per buttarci sopra le sardelle intere...e i gatti accorrevano per gli
avanzi. Io cercavo degli scorci giusti per qualche quadro ed ero spesso
sull’isola, loro, spesso mi offrivano una sardella ” bruciacchiata”, e un
“ombra de bianco”. Vedo le Gondole di Venezia, le calli, i palazzi e ricordo
momenti che non torneranno più.
Se riapro gli occhi e
mi ritrovo nella penombra, devo richiuderli subito… e l’immagine ricompare più
nitida di prima, ed ora lo so, quello sarà il prossimo quadro, quello del
giorno dopo, quello che mi farà dormire solo un paio d’ore per poi iniziare a dipingerlo
perché e già pronto nella mia mente. E verrà cosi, come l’avevo visto nel buio
di poche ore prima, con tutti i suoi difetti, ma anche con tutta la sua
storia….
Ma perché mi capita
questo, perché rivedo in questo periodo così triste, i periodi migliori di un
tempo che non può esserci più, quando il divertimento e la spensieratezza erano
la cosa più importante… forse la verità è quella che mi sento dire da sempre da
chi mi conosce bene e mi ha sopportato per tanti anni…” tu sei un eterno Peter Pan”…
ma io, però…non ci credo molto.
Fulvio Bonetti
02/08/2014
Ciò che mi piace di Fulvio è che non sa stare
senza dipingere. È come respirare per lui. In questo periodo ha recuperato i
suoi sogni e per farlo, sta sacrificando la sua vita. Le sue immagini, rimaste
immutate nella mente da molti anni, si ripropongono fresche nei colori e nelle
composizioni, con qualche accenno all'informale astratto. Sembra che il
figurativo sia per lui una limitazione e lo ritrovi spesso oltre la soglia
dell'immagine, a ripercorrere le strade della pop art. È uno dei pochi artisti
sinceri che ha bisogno di essere creduto.
Livio Comisso